Questa mattina ha avuto ufficialmente inizio la prima parte della spending review, ossia la manovra prevista dal Governo Monti per ottenere un risparmio sulla spesa pubblica: in vista dell’approvazione del Decreto, prevista per venerdì 7 luglio, si è tenuta una tavola rotonda a palazzo Chigi insieme alle parti sociali (sindacati, Regioni e Confindustria).
La manovra da oltre 4,2 miliardi di euro servirà anche ad evitare l’aumento dell’IVA di 2 punti percentuali (e, dunque, dei prezzi al consumo), nonché a risolvere l’urgenza degli esodati e a finanziare la ricostruzione delle zone terremotate in Emilia Romagna.
Ecco, in sintesi, le principali azioni previste che, assicura il Governo, saranno operate in maniera selettiva:
- Pubblico impiego: da 10 a 100 mila posti di lavoro in meno, per lo più ricorrendo alla messa in disponibilità (sorta di cassa integrazione per 2 anni con stipendio all’80%) dei dipendenti pubblici prossimi alla pensione (ma anche limando il valore dei buoni pasto, tagliando il 10% di distacchi e permessi, consulenze e auto blu, e accorpando funzioni all’interno dei ministeri), per risparmiare tra i 400 e gli 800 milioni di euro. Il vice-ministro dell’Economia Vittorio Grilli vorrebbe applicare a tutta la PA il taglio del 20% di tutti i dirigenti e del 10% di tutti gli altri organici, già decisi per Palazzo Chigi e Tesoro. Non è esclusa nemmeno una riduzione degli stipendi.
- Sanità: tagli per 8 miliardi in 3 anni (1 miliardo solo nel 2012, risparmiando 600 milioni dall’acquisto di beni e servizi – inclusi ristorazione, pulizia e lavanderia – 350 milioni dalla spesa farmaceutica, 135 milioni dalla spesa in convenzione per la specialistica e le case di cura).
- Giustizia: recupero di 600 milioni eliminando tribunali e procure minori e sedi distaccate; i membri dei CDA delle società partecipate dallo Stato, inoltre, scenderanno a 3 con un taglio delle poltrone pari ad un terzo rispetto a quelle attuali.
- Difesa: tagli sugli acquisti di beni e servizi (ma non per gli armamenti).
- Province: le 107 oggi esistenti dovranno avere almeno 2 requisiti sui 3 richiesti (oltre i 350 mila abitanti; sopra i 3 km quadrati; 50 municipi) per mantenere il proprio status di Provincia. Sulla base di tale criterio dovrebbero pertanto scomparirne da 42 a 60.